Cresce la richiesta di lavoratori extra UE nelle imprese più strutturate, hi-tech e di grandi dimensioni
La corsa al personale qualificato è iniziata. Molte imprese italiane stanno uscendo dai confini europei per trovarlo. Secondo un’indagine Unioncamere-Tagliacarne, un’azienda su tre assumerà entro il 2026 lavoratori extra Ue, spesso con profili tecnici e specializzati, o lo ha già fatto tra il 2021 e il 2023. Non si tratta di una scelta di convenienza, ma di necessità. A crescere è soprattutto la domanda di operai qualificati, tecnici, artigiani e figure hi-tech, fondamentali per i settori industriali più avanzati.
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Perché le imprese scelgono lavoratori extra UE
La risposta è netta: non è una questione di risparmio, ma di fabbisogno occupazionale. Con un calo demografico e la scarsità di competenze tecniche, le aziende guardano all’estero per trovare operai, tecnici e professionisti formabili. A spingere la ricerca su altri Paesi è anzitutto la mancanza di lavoratori italiani, segnalata dal 73,5% delle imprese. Il 68,7% delle aziende è disposto ad investire entro il 2026 in formazione del personale straniero, a fronte del 54,5% di quelle che non assumono lavoratori extra-UE. L’indagine Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne è realizzata su un campione di 4.500 imprese manifatturiere e dei servizi (addetti tra 5 e 499).
Giovani italiani all’estero e personale qualificato: competenze da valorizzare
Oltre ai lavoratori stranieri, emerge un potenziale ancora poco esplorato. È quello dei giovani italiani all’estero, che potrebbero rappresentare una risposta concreta alla carenza di personale qualificato nel nostro Paese. “L’Italia comincia ad avvertire gli effetti dell’invecchiamento della popolazione dovuto alle dinamiche demografiche – evidenzia il presidente di Unioncamere, Andrea Prete -. I lavoratori immigrati sono quindi sempre di più una risorsa indispensabile per far fronte alla domanda di occupazione delle imprese”. Parliamo del Sud America in particolare, dove c’è un bacino di italiani di seconda o terza generazione da guardare con attenzione. “Si tratta spesso di giovani con competenze già consolidate e con un legame di lingua e di storia familiare con l’Italia, che potrebbero essere interessati a trasferirsi nel nostro Paese”, dice il presidente.
Le figure più richieste e il settore hi‑tech
Il 47,1% delle imprese punta su operai specializzati extra UE entro il 2026 (o li ha assunti tra 2021 e il 2023), mentre il 32,6% su operai generici. E, ancora, il 13,3% lo farà per i lavoratori del terziario, l’11,1% per gli artigiani, il 9,3% per tecnici specializzati, il 4,9% per professionisti altamente qualificati e appena l’1,1% per manager.
Geografia delle assunzioni
Sono soprattutto le imprese del Nord Est a ricorrere a lavoratori stranieri nei piani di assunzione. In cifre, la quota più alta – del 36,5% – è coperta delle aziende del Triveneto, contro il 31,8% del totale del sistema imprenditoriale italiano. Fa da traino il Trentino-Alto Adige/Südtirol (39,1%), seguito dal Veneto (37,6%) e dal Friuli-Venezia (36,8%). Nel Mezzogiorno la media scende al 28,6%. Un indicatore chiave della competitività e apertura internazionale delle regioni.
Solo il 3% delle imprese assume personale extra Ue per pagare meno
Riepiloghiamo un dato fondamentale: la difficoltà di trovare lavoratori italiani motiva il 73,5% delle imprese a cercare personale straniero fuori dall’Unione europea. Altri motivi riguardano la mancanza di giovani per il via del calo demografico (12,6%) e le migliori competenze tecniche testate nei lavoratori stranieri (9,4%). Invece, solo marginalmente entra in causa il minore costo del lavoro (3,0%).
Le imprese più grandi e tecnologiche guidano la domanda di personale qualificato extra Ue
Più aziende manifatturiere, più tecnologiche, più grandi. Ecco l’identikit delle realtà imprenditoriali propense ad assumere lavoratori extra europei. Nello specifico, il 37,2% è rappresentato da imprese industriali, a fronte del 27,4% di quelle dei servizi. Non basta. Se, nel manifatturiero, il 40,2% delle aziende, che ricorre al mercato del lavoro al di fuori dell’UE, appartiene ai settori ad alta tecnologia, al contrario nei servizi il 36,2% opera nei comparti a bassa intensità tecnologica. In tutto, la metà delle attività imprenditoriali (che assumono stranieri non europei) impiega tra 50 e 499 addetti, rispetto al 27,3% delle piccole.
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