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    Benessere organizzativo per lavorare meglio e crescere

    SStress, calo di concentrazione e difficoltà nel ritrovare il ritmo: il rientro al lavoro dopo le ferie è spesso vissuto come un momento critico. Più che un semplice ritorno alla routine, si tratta di un passaggio che può incidere sul clima aziendale e sul benessere organizzativo. Qui entra in gioco la capacità delle imprese di costruire un contesto in cui motivazione e fiducia non vengano meno.

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    Un recente studio condotto da Hays Italia, società internazionale di recruiting, conferma quanto il tema sia attuale. I lavoratori chiedono manager empatici, autorevoli e trasparenti, ma troppo spesso si trovano a fare i conti con capi percepiti come diffidenti, poco chiari o autoritari. Questo divario non solo mina il clima aziendale, ma riduce la motivazione e spinge molti professionisti a cambiare impiego.

    Prevenire burnout e stimolare la crescita: Alessia Martiriggiano, psicologa clinica e del lavoro in Pmi Servizi & Formazione

    Alla luce dei dati, diventa evidente che il benessere organizzativo non può essere considerato un accessorio, ma un investimento strategico. In che modo dunque le imprese possono trasformare la cura del benessere in motore di crescita e successo? Ne parliamo con Alessia Martiriggiano, psicologa clinica e del lavoro in Pmi Servizi & Formazione, per riflettere su come trasformare la cultura organizzativa in un motore di crescita e benessere per le persone e per l’impresa.

    Alessia Martiriggiano parla di benessere organizzativo
    Alessia Martiriggiano

    Benessere organizzativo: una leva strategica per le imprese

    Creare un contesto di lavoro fondato su equità, inclusione e senso di appartenenza non è più una scelta opzionale. È un vantaggio competitivo che permette alle imprese di trattenere i talenti, stimolare l’innovazione e crescere in modo sostenibile. Una cultura aziendale inclusiva non va intesa come un benefit, ma come una necessità: dipendenti motivati e sereni sono più produttivi, creativi e fedeli.

    Equilibrio vita-lavoro, la base del benessere

    Quando manca un reale bilanciamento tra tempo personale e professionale, le conseguenze sono immediate: calo di concentrazione, problemi di salute e relazioni compromesse. Non a caso, studi internazionali stimano che i disturbi legati alla salute mentale sul lavoro costino centinaia di miliardi di euro l’anno in perdita di produttività. Un chiaro segnale di quanto il benessere organizzativo sia legato a soddisfazione e performance.

    Burnout: il rischio da non sottovalutare

    Lo stress cronico può portare al burnout, una condizione che svuota le energie e mina motivazione e rendimento. Per evitarlo, non basta affidarsi a soluzioni individuali. Serve una cultura organizzativa che prevenga il problema. Questo significa incoraggiare pause, promuovere un ritmo di lavoro sostenibile e creare spazi in cui le persone possano rigenerarsi.

    Riconoscere e affrontare i sintomi

    È fondamentale che aziende e lavoratori imparino a individuare i segnali di malessere: stanchezza persistente, difficoltà di concentrazione, perdita di entusiasmo. Oltre al supporto professionale, misure semplici come una corretta alimentazione, l’attività fisica e un riposo adeguato diventano strumenti di prevenzione. I datori di lavoro hanno il compito di accompagnare questo percorso, ad esempio introducendo programmi di welfare o percorsi di ascolto dedicati.

    Strumenti per un ambiente sano e sostenibile

    Il benessere organizzativo si costruisce anche attraverso azioni quotidiane e concrete. Ecco qualche consiglio:

    • investire nella formazione manageriale, con particolare attenzione a empatia, ascolto e comunicazione trasparente
    • attivare sportelli di ascolto psicologico per il confronto e il supporto dei dipendenti
    • sostituire distributori automatici con cibi più salutari e promuovere partnership con produttori locali
    • organizzare giornate di attività fisica o incontri all’aperto per stimolare socialità e contatto con la natura

    La leadership empatica è cruciale dopo le ferie

    La fase del rientro è delicata. Agende piene e nuove scadenze possono generare stress. Un manager empatico guida il team con ascolto e fiducia, trasformando settembre da momento critico a occasione di rilancio.

    Quali sono i rischi di un manager poco empatico?

    Figure autoritarie o poco chiare riducono motivazione ed entusiasmo. Secondo Hays Italia, due lavoratori su tre hanno lasciato almeno un impiego per colpa del capo. La mancanza di empatia incide direttamente sulla retention, cioè la capacità di trattenere il personale.

    Come può un leader rafforzare la motivazione del team?

    Con gesti semplici: organizzare momenti informali, chiarire obiettivi, delegare con fiducia e fissare incontri individuali. Azioni concrete che fanno sentire le persone valorizzate. Le soft skills fanno la differenza, ecco perché empatia, ascolto e comunicazione chiara sono competenze essenziali. I manager che sviluppano queste abilità creano un clima positivo, riducono stress e aumentano la produttività.

    Strategie concrete per favorire il rientro al lavoro

    Tra le più efficaci, ci sono quelle mirate a pianificare il rientro, valorizzare le pause, favorire la condivisione di idee e confrontarsi, riconoscere i meriti. Insomma, tutti quei piccoli accorgimenti che rafforzano motivazione e benessere.

    Un investimento che porta crescita e competitività

    Un contesto lavorativo sano non solo riduce stress e burnout, ma alimenta innovazione, soddisfazione e crescita. Un buon clima e un’organizzazione efficace sono quindi una scelta strategica: investimenti che rafforzano la competitività delle imprese e contribuiscono a costruire comunità aziendali più solide e orientate al futuro.

    ✍️ La voce delle Pmi

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